Risultati Tangibili nel Campo della Malasanità

Errata diagnosi in cardiochirurgia

La nostra assistita non era sposata e non aveva figli, ma ha lasciato in vita due fratelli e due sorelle che non si danno pace.

La documentazione medica che ci è stata sottoposta qualche anno fa ci ha lasciato davvero senza parole.

E quanto accaduto alla signora M.E., vittima di un primo errore diagnostico in pronto soccorso a cui si sono accodati tutto il personale sanitario successivamente intervenuto.

In sintesi, dopo ben 4 accessi in pronto soccorso per dolori addominali irradiati anche alla schiena, la diagnosi di rottura aneurismatica veniva posta con enorme ritardo, rendendo vano l’intervento chirurgico.
Nonostante la patologia importante, abbiamo deciso di assumere l’incarico dei germani della malcapitata paziente e, dopo 5 anni di causa e consulenze tecniche disposte dal Tribunale, i nostri assistiti hanno avuto giustizia, peraltro, anche importante perché, ove si consideri la patologia di base ed il rapporto di parentela (fratelli e sorelle) siamo riusciti a far riconoscere agli stessi un danno non patrimoniale nella misura di 75.000,00 cadauno.

Mancata diagnosi in ps

Il dolore toracico, anche in un’età giovanile, è un sintomo che non va mai sottovalutato.

La moglie del sig. P.T., madre di due bambini piccoli, si è ritrovata vedova a soli 42 anni.

Come a volte accade, la giovane età di un ammalato, induce i sanitari a sottovalutare alcuni sintomi, non si preoccupano di raccogliere un’anamnesi accurata, conferendo a quell’acuzie una diagnosi non allarmante come ad esempio una lombosciatalgia.

Ora, nel caso di specie, sarebbe bastato eseguire un ecg, fare un prelievo del sangue per controllare gli enzimi cardiaci e trattenere il paziente in osservazione.
Tutto ciò è mancato e la liquidazione economica statuita dal Giudice di primo grado, seppure per equivalente per la grave perdita subìta, pari ad euro 300.000,00 per la moglie e 275.000,00 per ogni figlio, ha consentito alla giovane vedova e ai piccoli di andare avanti, garantendo loro un futuro migliore.

Danno in chirurgia bariatrica

Quando abbiamo incontrato i familiari del sig. V.R., la prima cosa che ci hanno riferito e che il loro caro era felicissimo di sottoporsi a quell’intervento in una clinica casertana. Era desideroso di perdere peso per ritornare a condurre una vita normale.

Invece, dopo 5 giorni dall’intervento laparoscopico per la riduzione dello stomaco, nella più totale incredulità da parte dei familiari, si verificò il decesso inaspettatamente.

In pratica è accaduto che durante le manovre laparoscopiche i sanitari avevano lesionato la milza rimasta però misconosciuta al tavolo operatorio.

Ne derivò, nei giorni successivi, la caduta dell’emoglobina, una cospicua perdita dei globuli rossi e cominciarono problemi respiratori.

Sarebbe bastata un’ecografia già nell’immediato post-operatorio per una verifica della cavità addominale, si sarebbe rilevata la lesione interna a cui era possibile porvi rimedio attraverso una splenectomia. I nostri assistiti, in autonomia, hanno avviato un procedimento penale scaturito in un’archiviazione.
Quando siamo entrati in contatto con loro, abbiamo capito che l’azione civile avrebbe potuto rendere loro giustizia, difatti, senza neanche arrivare alla sentenza, la compagnia di assicurazione della clinica ha offerto alla moglie e ai tre figli euro 900.000,00.

Danno in ginecologia

Anche in assenza di un riscontro autoptico, dalla tua parte, attraverso uno studio multidisciplinare, è riuscita a fare chiarezza sulle cause di questo misterioso decesso.

“La sig.ra A.P., Che aveva da poco compiuto 59 anni, iniziò ad avere delle perdite ematiche vaginali e bruciore minzionale. Ricoverata presso un noto e specializzato ospedale napoletano, venne sottoposta ad alcuni accertamenti specifici, quali una ecografia ed una cistoscopia. Sulla scorta dei predetti esami, i sanitari si convinsero che la paziente fosse affetta da una neoplasia vescicale e decisero di sottoporla ad una turv, ossia la resezione della vescica per l’analisi istologica. L’intervento andò male e la paziente spirò dopo 7 giorni di ricovero in terapia intensiva.

Ebbene, i familiari, non avendo ottenuto dal personale medico precise informazioni sulle cause del decesso, ci hanno contattato per scoprire la verità.

È stato accertato dalla magistratura (con adeguata probabilità scientifica) che si era formato solo un coagulo ematico adeso alla parete e che la paziente aveva un numero basso di piastrine predittivo di rischio emorragico. Pertanto, il procedimento si è concluso in favore dei nostri assistiti con un importante risarcimento per il coniuge e i tre figli nella misura di euro 215.000,00 cadauno.

 

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