Danno in ginecologia

Anche in assenza di un riscontro autoptico, dalla tua parte, attraverso uno studio multidisciplinare, è riuscita a fare chiarezza sulle cause di questo misterioso decesso.

La sig.ra A.P., Che aveva da poco compiuto 59 anni, iniziò ad avere delle perdite ematiche vaginali e bruciore minzionale. Ricoverata presso un noto e specializzato ospedale napoletano, venne sottoposta ad alcuni accertamenti specifici, quali una ecografia ed una cistoscopia. Sulla scorta dei predetti esami, i sanitari si convinsero che la paziente fosse affetta da una neoplasia vescicale e decisero di sottoporla ad una turv, ossia la resezione della vescica per l’analisi istologica.

Purtroppo, i familiari, in trepida attesa fuori la sala operatoria, appresero dal chirurgo che alla prima manovra chirurgica si era presentata una massiva emorragia e comunque era riuscito a portare a termine l’intervento con l’invio della paziente in terapia intensiva a scopo precauzionale.

Dopo 7 giorni in rianimazione la paziente morì.

Ebbene, i familiari, non avendo ottenuto dal personale medico precise informazioni sulle cause del decesso, ci hanno contattato per scoprire la verità.

Quel che è certo e che la procedura di turv bioptica, eseguita in anestesia generale dopo esame cistoscopico che individuava un quadro dubbio di neoformazione papillare della vescica, è stato l’evento che ha innescato una fenomenologia clinica grave e progressiva che ha condotto a morte la paziente che non aveva nessuna neoplasia vescicale.

La articolata disamina degli atti clinici, ci ha consentito di rilevare che qualche giorno prima dell’inizio delle perdite ematiche e del bruciore, la poveretta aveva subito una frattura ischio pubica, era portatrice di una fistola ed aveva un assetto coagulativo alterato per la presenza di piastrinopenia.

È stato accertato dalla magistratura (con adeguata probabilità scientifica) che causa quella frattura si era formato un coagulo ematico adeso alla parete e che non è stato considerato il numero basso di piastrine predittivo di rischio emorragico. Pertanto, il procedimento si è concluso in favore dei nostri assistiti; infatti, se fosse stata eseguita una ecografia vescicale all’atto del ricovero e prima della turv, la neoformazione non sarebbe stata più individuata mutando l’iter clinico del caso, invece, si procedette senza alcuna specifica conferma per imaging, esponendo la paziente ad un rischio anestesiologico elevato che innescò la catena causale fino al decesso”.